mercoledì 18 maggio 2016

Buriers. Black Market, Unplugged in Monti, 11 maggio 2016

"we all die twice
the first time when we cease to breathe
and the last time is the last time someone speaks our name
the last time
the last time
"

Che S.P.E.T.T.A.C.O.L.O!

Questi musicisti per me sconosciuti fino a qualche mese fa mi hanno veramente conquistata! E, per questo, devo dire grazie ai ragazzi di Unplugged in Monti che - come già molte altre volte - mi permettono di scoprire tanta bella musica. L'annuncio del loro concerto mi ha spinto ad ascoltare qualche canzone su YouTube e poi ha comprare su bandcamp il loro ultimo album.

Fin dal primo ascolto mi hanno sorpreso e hanno creato in me un grande interesse per la loro musica. Cosicché ho subito deciso che non potevo mancare al loro concerto.

Al Black Market si presentano in una formazione a tre: il frontman James P. Honey che canta, suona le chitarre e uno strano strumento che sembra un ibrido tra una fisarmonica e un piano (e sta poggiato su un tavolino), Jamie Romain che canta e suona il violoncello, e Jamie Gillett, un ragazzo con i capelli e la barba lunghissima che suona la batteria. Manca una componente storica della band, Laura Mallows, che canta e suona il violino.

Ora, tenendo conto dell'ensemble strumentale con cui si presentano sono sicura che tutti voi vi aspettereste della chamber music. Ma la musica dei Buriers è un mix originale e forse difficile da etichettare; loro si definiscono un gruppo di anti-rap alternative folk, che è tutto dire.

Dentro la loro musica c'è infatti il parlato tipico del rap, ma c'è anche la musica indie e arrangiamenti da musica da camera. Un originale connubio che io personalmente ho trovato magico. Non sono un'appassionata di rap, ma il modo in cui i Buriers fanno sposare il rap con tutto il resto è davvero unico.

Il frontman James P. Honey è davvero un personaggio incredibile, e oltre a offrirci una performance musicale di tutto rispetto, ci intrattiene e ci fa divertire. Per tutto il concerto porta avanti una gag con una ragazza seduta in prima fila che ha in mano i fogli con i testi delle loro canzoni, e continua a lamentarsi del proprio aspetto a causa di una maglietta brutta e sformata che gli hanno prestato e che porta addosso.

Inoltre, ad ogni pausa, James ci racconta anche il contesto in cui sono nate alcune delle loro canzoni, che spesso contengono critiche profonde di alcuni aspetti della contemporaneità. Resto colpita in particolare dal racconto di come è nata la canzone We are small, una delle mie preferite. Dice James che si trovavano in mezzo alle montagne austriache e mentre davanti a loro avevano il cielo azzurro dietro di loro arrivava una tempesta spaventosa; e lì hanno pensato a quanto siamo piccoli e insignificanti. Ma la cosa più bella è che James ha aggiunto che in fondo è bellissimo e liberatorio essere così insignificanti!

Ci propongono gran parte del loro repertorio, ma quando annunciano la loro ultima canzone il pubblico rumoreggia perché non li vuole lasciare andar via. Così i tre ragazzi ci offrono ancora tre saggi della loro bravura, e dopo l'ennesima richiesta di rimanere ancora un po' con noi, James ci propone una cover e si congeda.

Una serata speciale. Un'esperienza musicale notevole. Un contatto umano bello. Cosicché non posso non comprare almeno una shopping bag dei Buriers da portarmi a casa.

Voto: 4,5/5

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