lunedì 21 dicembre 2015

Tosca / Giacomo Puccini. Teatro dell’Opera, 11 dicembre 2015

Ed è arrivata finalmente – dopo un certo numero di tentativi falliti in modo abbastanza comico – la mia prima volta all’opera grazie a E.

Sono un po’ in imbarazzo perché mi aspetto un ambiente molto chic e io non lo sono affatto. E poi sono da sola, mentre tutti intorno a me sono in coppia o in gruppo, ma i miei tentativi dell’ultim’ora di trovare compagnia non hanno avuto successo.

Quando però mi posiziono nel mio palco laterale (tutto per me), posizionato esattamente sopra l’orchestra, e guardo il bellissimo Teatro dell’Opera dall'interno ogni imbarazzo mi passa. Anzi vedere che i palchi degli ordini superiori e i posti nelle gallerie più alte sono in gran parte occupati da ragazzi in età da liceo mi mette anche di buonumore.

Consapevole della mia ignoranza, compro il cosiddetto “programma”, un libro che contiene – oltre alle informazioni complete sull’opera messa in scena – la sinossi e il libretto, nonché studi e approfondimenti su di essa.

Nei minuti che precedono l’inizio leggo febbrilmente le pagine iniziali per avere almeno un’idea di quello che sto per vedere (lo so, la Tosca è famosissima, ma devo ammettere che a parte reminiscenze dell’ultimo atto, non avevo idea della trama).

Poi entra il maestro d’orchestra, le luci si spengono e le tende si aprono svelando una scenografia bellissima che rappresenta l’interno della chiesa di Sant'Andrea della Valle, dove è ambientato il primo dei tre atti che compongono la Tosca.

E. mi aveva già anticipato che questa messa in scena ha la particolarità di usare gli allestimenti (scenografie e fondali) realizzati sulla base dei bozzetti e dei disegni della prima messa in scena della Tosca, avvenuta proprio al Teatro dell’Opera di Roma nel 1900. E lo stesso vale per i costumi.

Allestimenti e costumi sono la cosa che mi colpisce di più e che certamente mi porto a casa all’uscita dal teatro. Bellissima anche la scenografia del secondo atto, ambientata nel palazzo di Scarpia, nonché la famosissima scena dell’ultimo atto sulla terrazza di Castel Sant'Angelo con la città di Roma sullo sfondo.

Ho molto apprezzato la possibilità di leggere le battute grazie a uno schermo collocato in alto sul palco. Cosa che per una neofita come me è stata una mano santa.

In definitiva, non posso dire che l’opera mi abbia conquistato. L’unico momento che ho trovato veramente emozionante è stato l’inizio del terzo atto, in cui l’orchestra commenta la scena in cui sono presenti solo le guardie sulla terrazza con la melodia dell’aria che di lì a poco canterà Cavaradossi e che anticipa con la gravità di una marcia funebre la tragedia che attende i protagonisti.

Per il resto, la mia possibilità concreta di immedesimazione emotiva con la narrazione resta bassa durante tutto lo spettacolo (in alcuni momenti trovo il recitativo persino un po’ fastidioso). Non posso fare a meno di pensare che l’opera fosse a suo tempo quello che per una generazione molto più vicina alla mia sono state le telenovelas sudamericane: sentimenti forti, grandi amori, grandi tragedie, musiche trascinanti, personaggi ben identificati.

E però al contempo capisco il fascino che l’opera può esercitare ancora su noi contemporanei, e lo vivo in prima persona quando all’uscita dal teatro comincio a pensare di quale altro spettacolo in programma quest’anno potrei comprare il biglietto.

(Il voto sarebbe indelicato per una prima volta come questa, né mi sento di poter dire nulla sui cantanti e le loro qualità artistiche e interpretative. Lascio dunque ad altri più esperti di me questo tipo di valutazioni).

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