sabato 12 dicembre 2015

The lobster

Siamo in un futuro distopico (che però almeno all'apparenza si presenta esattamente identico al nostro), in cui l'esistenza umana è concepita solo all'interno di una coppia. Chi, dunque, per qualunque motivo rimanga da solo è perseguito e - una volta individuato - spedito in uno strano albergo dove ha 45 giorni per trovare un/una compagno/a, dopo di che - in caso di fallimento - sarà trasformato in un animale a sua scelta.

Alcuni di coloro che sono stati inviati in questo albergo sono fuggiti e si sono rifugiati nei boschi per avere la possibilità di vivere una vita solitaria, in cui però vigono leggi ancora più ferree, in particolare nei rapporti interpersonali, e sono vietati l'amore e il sesso.

David (Colin Farrell) è stato lasciato dalla moglie e dunque finisce nell'albergo, dove dichiara di voler essere trasformato in un'aragosta se non avrà trovato una compagna dopo il periodo a disposizione. Dopo un tentativo - finito tragicamente - di formare una coppia con una donna senza cuore, si unisce ai solitari. Ma anche qui farà fatica a rispettare le regole del gioco, soprattutto dopo essersi innamorato della donna miope (Rachel Weisz).

Il film di Yorgos Lanthimos si muove su un crinale sottile tra il realistico, il grottesco e il surreale, in un'atmosfera emotivamente glaciale, in cui l'umorismo - che pure pervade soprattutto la prima parte del film - è in buona parte nero.

La metafora di Lanthimos non è solo esplorativa dell'universo di coppia e delle relazioni amorose, bensì più in generale - a mio modo di vedere - dei meccanismi che sovraintendono alle relazioni, attraverso un processo di estremizzazione grazie al quale si porta allo scoperto la brutalità delle dinamiche di appartenenza ai gruppi, sia esso il gruppo minimo della coppia ovvero un gruppo allargato di persone che si trovano in una condizione simile.

Nel mondo distorto di Lanthimos, che però non è tanto dissimile da certe realtà tra l'artificiale e il distillato, come potrebbero essere ad esempio i social network, non esistono mezze misure, né soluzioni intermedie, non ci sono sfumature, né prospettive aperte e cangianti nel tempo. In questo mondo non si può sfuggire alla necessità di "schierarsi", di stare con una persona o con un gruppo di persone, e il legame è basato sulla necessaria condivisione di qualcosa, un difetto fisico, un modo di essere, una caratteristica personale. Un legame affettivo, una relazione non è pensabile senza una qualche forma di somiglianza, e lì dove non c'è va creata forzatamente, qualche volta violentemente, pena la persecuzione, la marginalità, la solitudine estrema e senza speranza.

Il mondo di Lanthimos fa paura perché, nel suo essere completamente surreale, è più vicino alla realtà di quanto vogliamo ammettere.

La prima parte del film - quella per gran parte ambientata nell'albergo - utilizza ampiamente il registro ironico e ci fa riflettere, in parte divertiti, sull'assurdità di un mondo nel quale bisogna essere per forza in coppia. Nella seconda parte, poi, il quadro si fa più fosco, l'ironia lascia il posto a uno sguardo agghiacciato, in cui è evidente che David e la donna miope non solo non sono diversi emotivamente dagli altri, ma come tutti gli altri non hanno alcuno scampo da se stessi.

Molto, nel film del regista greco, resta senza spiegazione, non del tutto comprensibile alla prova della razionalità (perché due personaggi parlino tra loro in francese, come sono le coppie che vivono in città ecc.), e si esce dalla sala in parte perplessi.

A me il film è maturato dentro nei giorni successivi la visione, facendomi interrogare a lungo sui suoi significati. Le domande sono rimaste però - come forse è giusto che sia - molto più numerose delle risposte.

Voto: 3/5


Nessun commento:

Posta un commento

Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!