giovedì 19 febbraio 2015

Una lieve imperfezione / Adrian Tomine

Una lieve imperfezione / Adrian Tomine. Milano: RCS Libri, 2008.

Ogni volta che torno al paesello in Puglia vado a fare un giro alla bella libreria Le storie nuove che da qualche anno ha aperto i battenti alla "discesa del Carmine", offrendo finalmente un’oasi di lettura in un paese nel quale per anni non è esistita una libreria.

Grazie anche alla brava proprietaria, nonostante le dimensioni contenute della libreria, girando per gli scaffali si scoprono sempre delle cose interessanti. Questa volta la mia scoperta è stata questo graphic novel di Adrian Tomine, Una lieve imperfezione.

Questo lavoro era nato in tre puntate autonome pubblicate nella serie dal titolo Optic nerve; poi i tre capitoli – che hanno una continuità e unità narrativa – sono stati raccolti in un albo unico ed in questa veste sono stati pubblicati da Rizzoli nella collana 24/7.

Una lieve imperfezione racconta di Ben Tanaka, un trentenne di origine giapponese che gestisce un cinema sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Ben è fidanzato con Miko, una ragazza anche lei di origine giapponese, e la sua migliore amica è Alice, una ragazza omosessuale che fa un dottorato al Mills College.

Adrian Tomine ci catapulta nell’universo affettivo confuso di questi trentenni che sembrano non sapere esattamente cosa vogliono dalla vita e dove vogliono andare. Ben e Miko sono in crisi: lui è attratto dalle ragazze bianche e ha un rapporto in qualche modo difficile con le sue origini asiatiche, Miko ha deciso di andare a vivere a New York per inseguire i suoi sogni professionali. Alice passa da una ragazza all’altra, incapace di trovare una stabilità affettiva.

La precarietà e l’insicurezza degli affetti la fanno da padrone in tutti questi non più giovani, la cui dose di cinismo appare già elevatissima.

Tomine è quasi maniacale sia nel tratto grafico (la precisione e la ricchezza di dettagli delle sue tavole sono ammirevoli, quasi straordinari) sia nella rappresentazione emotiva. D’altra parte, il fumettista non ci offre nessun altro ausilio interpretativo, dal momento che non esiste la voce del narratore a circostanziare la narrazione né i pensieri dei protagonisti a spiegare i comportamenti.

Quello che vediamo nelle pagine di questo graphic novel è quanto di più simile ci possa essere alla vita reale, con tutte le sue contraddizioni, il suo non detto, le sue conversazioni non sempre cristalline. I personaggi non sono realmente personaggi, ma in qualche modo nostri coetanei che avremmo potuto o potremmo incontrare un giorno di questi. La storia non è propriamente finzione, ma vita vissuta ed esperienze che tutti abbiamo o potremmo attraversare.

E il dato culturale – che pure qui è rilevante rispetto alla narrazione – non impedisce né la comprensione profonda né l’empatia.

Interessante esperimento. Da leggere.

Voto: 3,5/5

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