lunedì 11 marzo 2013

Viva la libertà


Non so se sarebbe cambiato qualcosa andando a vedere il film di Roberto Andò prima delle elezioni della fine di febbraio. Certamente avrei guardato con molta meno amarezza e disillusione quello che mi scorreva dinanzi agli occhi.

In Viva la libertà la cui sceneggiatura è tratta dal libro Il trono vuoto dello stesso Andò si racconta la vicenda di Enrico Olivieri (Toni Servillo), il segretario di un grande partito che di fronte alla crisi della propria leadership decide di fuggire in Francia, andando a casa di una sua ex innamorata (Valeria Bruni Tedeschi), ora sposata con un regista giapponese e madre di una bella bambina.

È così che il suo collaboratore Andrea Bottini (Valerio Mastandrea) ricorre all’ultima possibilità, ingaggiare il fratello gemello di Enrico, Giovanni, che è da poco uscito da un ospedale psichiatrico, affinché interpreti il ruolo del fuggitivo.

Giovanni però non si limiterà a imitare, bensì porterà nella politica quella ventata di libertà, di incoscienza e di passione che solo lui può permettersi, ma che in fondo tutti aspettano da tempo. E questo sarà la chiave del successo.

Parallelamente Enrico dovrà fare un viaggio dentro se stesso, quello che era e che non è più, quello che avrebbe voluto essere e che ha abbandonato per strada, prima di poter tornare ai suoi doveri politici e familiari.

In fondo Enrico e Giovanni sono due facce della stessa medaglia e sono la perfetta metafora della politica tout court (non di una parte politica), quella politica che ha smarrito le sue motivazioni originarie, che si è aggrovigliata nei gangli degli equilibri e delle strategie, che non è più capace di ironia su se stessa, né di quella piccola quota di incoscienza che la renda umana e vicina ai cittadini.

Il film – nonostante qualche errata apparenza che emerge dal trailer – si concentra molto sui personaggi di Enrico e di Giovanni, per mostrare che la loro diversità è solo lo smarrimento delle radici e che le loro due anime convivono da sempre e devono continuare a farlo.

Toni Servillo è bravissimo nel doppio ruolo; il film scalda il cuore nel suggerirci che la politica può essere capace di ritrovare il senso profondo di se stessa. Resta però agli occhi di noi cittadini disillusi e amareggiati la sensazione di aver visto quello che ci piace desiderare e credere, e che purtroppo è molto lontano dalla realtà. Perché forse non basta una politica che creda veramente in quello che dice ma anche una società civile che sappia ascoltare e comprendere e farsi partecipe di questi contenuti.

Mi sa che non siamo ancora pronti. E chissà se lo saremo mai.

Voto: 3/5

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