mercoledì 2 febbraio 2011

Il mare / Paolo Poli

In un teatro che insegue sempre più tristemente il linguaggio, la recitazione e le scelte attoriali della televisione e del cinema, Paolo Poli rappresenta una ventata fresca e pulita di un passato glorioso che riesce a farsi ancora, significativamente, presente.

Confesso la totale ignoranza con cui sono andata a vedere al Teatro Eliseo di Roma il nuovo spettacolo dell'attore fiorentino. Pur conoscendolo di nome non l'avevo mai visto in scena, né avevo mai letto nulla di Anna Maria Ortese, dai cui racconti raccolti nel volume Il mare non bagna Napoli sono liberamente tratti i pezzi di prosa che compongono lo spettacolo.

Vedere Paolo Poli è stato come fare un tuffo nella prima metà del Novecento, in quel teatro di rivista e di avanspettacolo, in cui anche la vena malinconica e la riflessione triste sulla sorte umana vengono inseriti in un'atmosfera da commedia umana, in cui un ruolo centrale è svolto dalle canzoni e dalle coreografie, in cui si ride anche quando si avverte un piccolo peso sul cuore.

Tutto nello spettacolo Il mare ci porta indietro nel tempo: le bellissime scenografie disegnate e dipinte su tre grandi teli complementari, che cambiano ad ogni cambio di scena; le canzoni che provengono dal repertorio della canzone popolare e delle filastrocche perdute (alcune per me sono totalmente sconosciute, mentre alla signora accanto a me ricordano l'infanzia); la recitazione un po' sopra le righe e quasi scollacciata, pur non perdendo grazia e misura; i costumi variopinti e sempre nuovi, che giocano con l'arte del travestimento.

Lo spettacolo mi ha fatto pensare poi a un teatro ancora più antico, quello elisabettiano, visto che la compagnia interamente al maschile si cala con grande bravura e naturalezza nei panni di uomini, donne e bambini, senza risultare mai inappropriata. Ormai non per necessità, ma per una scelta che è del tutto funzionale all'impianto teatrale adottato. Bravissimi i quattro attori che affiancano il protagonista, Mauro Barbiero, Fabrizio Casagrande, Alberto Gamberini e Giovanni Siniscalco, e che - speriamo - sappiano dare un futuro a questo teatro in via di estinzione.

Grandioso Paolo Poli, un attore che sta in mezzo tra Fregoli e Macario, ma che in fondo è unico per la coerenza e l'originalità della sua impostazione. Qualche piccola défaillance gliela perdoniamo alla veneranda età di 81 anni. È invece la carica creativa, lo spirito dissacrante, la naturalezza e l'espressività che gli riconosciamo in tutta la loro interezza.

Adesso capisco dove affonda le sue radici e dove ha tratto ispirazione un bravissimo attore che avevo visto recitare a Bologna, Alessandro Fullin, un altro virtuoso dei travestimenti e della commedia umana.

Forse c'è speranza che - nonostante i pessimismi che alcune vicende alimentano - la nostra società sappia portare con sé anche per il futuro ciò che di meglio le appartiene.

Voto: 4/5

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