martedì 18 agosto 2009

Il buio oltre la siepe / Harper Lee

Il buio oltre la siepe / Harper Lee; trad. di A. D'Agostino Schanzer. Milano, Feltrinelli, 2002.

Innanzitutto, è un libro che va contestualizzato. Scritto da Harper Lee (amica di Truman Capote, cui alcuni attribuiscono l'effettiva scrittura del romanzo), fu pubblicato la prima volta nel 1960 (il suo titolo originale è To Kill A Mockingbird) e vinse il Premio Pulitzer. Dal libro è stato tratto anche un film con Gregory Peck, che però ancora non ho visto e che mi si dice focalizzato sull'episodio centrale del romanzo, piuttosto che sul complessivo affresco della comunità di Maycomb.

Il contesto ci aiuta a capire la portata di un romanzo che parla di una famiglia che vive in Alabama formata da un padre avvocato, Atticus Finch, e due figli, un ragazzino di nome Jem e una bimba un po' maschiaccio che tutti chiamano Scout, e che pone al centro del racconto il processo contro il nero Tom Robinson accusato ingiustamente di violenza sessuale e difeso invano da Atticus.

Il fil rouge è dunque il tema della diversità, nelle sue diverse manifestazioni, quella più eclatante del razzismo dell'America di quegli anni, ma anche quella più strisciante nei confronti di tutto ciò che non si conforma ai modelli condivisi e dominanti in una comunità. E già solo questo basterebbe a fare del libro un classico da leggere a qualunque età.
Ma di più mi ha colpito un approccio alla scrittura che definirei di altri tempi, nella modalità con cui la forza delle idee - anche quelle piccole - si fa discretamente spazio nel libro squarciando le pagine con la potenza delle parole.

Sono una che fa le orecchie alle pagine (e non dovrei dirlo, visto che faccio la bibliotecaria!! Ma in questo caso il libro è di mia proprietà) e in questo caso basta dare un'occhiata alle sue condizioni per capire quante volte la scrittura mi ha colpito in profondità.

Giusto per avere un'idea, ecco alcune brevi citazioni che ho trovato particolamente significative:

"Se c'è una cosa che tuo padre possiede, è la grandezza d'animo. Una mira eccellente è un dono di Dio, un talento... oh, intendiamoci, bisogna esercitarsi per arrivare alla perfezione. Ma sparare non è come suonare il piano o cose del genere. Può darsi che egli abbia messo giù il fucile e non abbia più voluto sparare quando ha capito che Dio gli aveva dato un vantaggio eccessivo, direi quasi ingiusto sulla maggior parte degli esseri viventi." (p. 111)

"Avere coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta si vince." (p. 127)

"Quasi tutti son simpatici, Scout, quando finalmente si riescono a capire." (p. 315)

Un libro che a distanza di quasi 50 anni continua a essere capace di far sorridere, riflettere, commuovere, indignare - anche nella sua apparente semplicità, che non è affatto semplificazione - è indubbiamente un gran libro.
Un libro che ci fa guardare al mondo con gli occhi della piccola Scout e davvero ci fa vedere gli adulti con le loro piccolezze e contraddizioni, ma anche con le loro grandezze, merita un'attenzione particolare.

Voto: 4/5

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